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e però ci pigliamo la nostra porzion di bottino nelle tende nemiche, giusta la consuetudine, chè noi altresì siamo soldati.

I Lanzi. Non comportammo mai e poi mai che soldato e mariuolo fosse tutt’uno. Chi tien da presso al nostro Imperatore, ha da essere cima e fior d’onestà.

Habebald. Onestà! la conosciam noi troppo bene; in altri termini vien detta: contribuzione. Voi altri zoppicate tutti quanti d’un piede: Date qua canaglia! ecco la parola d’ordine del mestiere. (A Eilebeute) Scappa, scappa, e portati via il tuo gruzzolo! Non siamo i benvenuti qui! (Exeunt.)

Primo Lanzo. Perchè, dimmi non hai tu schiaffeggiato quel temerario insolente?

Secondo Lanzo. Non saprei; mi venne meno il coraggio: in quel ceffo scorgevasi un non so che di fantasima.

Terzo Lanzo. Avev’io gli occhi invischiati; mi tremolava dinanzi un certo lume, ond’era impedito di veder chiaro.

Quarto Lanzo. Affè, la è singolare, non so come spiegarmi. Per quanto fu lunga la giornata v’ebbe tale un’afa che soffocava, l’aria era pesante, angosciosa, l’uno resisteva e l’altro stramazzava, l’intoppare e il battere andavano di pari passo. Ad ogni fendente un avversario mordea la polvere: e frattanto sentivi come una grossa nebbia che ti dava negli occhi. S’udiano oltracciò zufolamenti, tintinnii, fischi dentro alle orecchie continui, incessanti; talchè vedendoci qui sani e salvi neppur noi bastiamo ad intendere come abbia ciò potuto in tanto subbisso avvenire.