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parte seconda. 439

ciuoli; e tremo tutto quanto, dacchè per opera vostra v’ebbi ad incappare.

Mefistofele. Fàtti animo, o sire! il caso non è ancor disperato. Sofferenza e astuzia hanno a toglierti di quest’ultimo impiccio! Gli è sul finire che, per lo più, s’intralciano gli avvenimenti. Son quelli gl’infallibili miei messaggeri: dammi i tuoi ordini, ond’io possa loro trasmetterli.

Il Generale in Capo, sopravvenuto in quel mentre. L’alleanza che hai tu stretta con costoro, non ha fatto finora che tribolarmi. Dalla fantasmagoria non può venir bene che durevole sia. Per me, non so oggimai più come cangiare in meglio le sorti del combattimento. Essi lo ebbero cominciato, ed essi lo finiscano; io depongo il bastone del comando.

L’Imperatore. Conservalo, di grazia! per quegl’incontri migliori cui la sorte può ricondurne, quando che sia. Fammi abbrividire codesto orrido compare, e la sua dimestichezza coi corbi. (A Mefistofele.) Non mi sento d’affidare a te il bastone, perocchè non mi hai troppo aria di uomo cui si convenga. Tuttavia, ponti al comando, e fa di scamparci! Avvenga ora che può! (Ritirasi nella tenda col Generale in Capo.)

Mefistofele. Va! t’aiuti ora il tuo bastone di bosso, ch’io per me n’avrei giovamento ben debole e scarso. E poi vi stava in cima un certo ghirigoro sembiante a una croce.

Fausto. Che c’è da fare?

Mefistofele. Tutto è già fatto. — Via, su, miei neri cugini, siate snelli e pronti a servirci! Al gran lago della montagna! Salutate le Ondine da parte