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parte seconda. 437

sguardo! Pensomi che sia per scendere di lassù un augurio. Osserva! ciò almeno si spiega ad un batter d’occhio.

L’Imperatore. Un’aquila svolazza per le regioni celesti, ed un grisone con accanimento la insegue.

Fausto. Pondera bene il tutto! l’enimma, a quanto parmi, è propizio. Il grifone è animale favoloso; e come mai può egli essere ardito così che voglia con una vera aquila misurarsi?

L’Imperatore. Vánnosi ora l’un l’altro osservando, aggirandosi con volo largo e circolare. Scagliansi addosso repentinamente a squarciarsi il petto e la gola.

Fausto. Osserva come quel tristaccio di grifone, battuto, rabbuffato, erri qua e là senza scampo, e, rabbassata la sua coda di lione, si cacci nella foresta che cinge la vetta del monte. Vedi? è sparito!

L’Imperatore. Abbia cotal fine l’enimma, ed io l’accetto compreso di alta meraviglia.

Mefistofele, volgendosi a destra. Sottesso i colpi raddoppiati e mortali cede il nemico, e pur combattendo all’impazzata, precipitasi a diritta, portando così la confusione in mezzo all’ala sinistra, dov’è il grosso della sua armata. La testa compatta della nostra falange vien tosto dalla parte destra, e pari al fulmine piomba sul lato sgagliardito. — Ed ora, qual onda dalle tempeste commossa, le due potenze eguali in duplice conflitto s’agitano rabbiosamente. Non fu visto mai uno spettacolo più di questo mirabile. La battaglia è vinta!

L’Imperatore, rivolto a sinistra, parla a Fausto