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parte seconda. 431

zolfo e pece meschiavansi alle aride legna accatastate intorno a lui; nè uomo, nè Dio, nè diavolo bastavano a salvarlo; e tu, sire, spezzavi quelle ardenti catene. — Il caso successe in Roma. Or egli che ti rimase per questo infinitamente obbligato, nè mai da quell’ora lasciò un attimo di osservare ansioso le tue pedale, dimentico al tutto di sè medesimo, altro non fa che esplorare per te gli astri e gli abissi: ed è egli appunto che ne diè l’incarico di assisterti al più tosto, mercè le forze imponenti della montagna. Colà opera la natura con tale una esuberanza di libertà che la buaggine de’ sagrestani taccia le opere sue di fattucchieria.

L’Imperatore. Ne’ giorni di gala, quando siamo sul complimentare gli ospiti, che ilari in viso traggono a partecipare alla nostra letizia, n’è dolce assai il vedere accorrer tutti e affollarsi e gremire i saloni insufficienti a contenere sì numeroso corteggio: ma, più d’ogni altra cosa riesce ben accetto l’uomo di gran cuore, che spontaneo muove ad assisterci in sul mattino del giorno gravido di grandi avvenimenti, e quando sta in alto sospesa la bilancia del fato. Ciò nondimeno rimovete, in codest’ora solenne, rimovete la mano ardita dall’impaziente giavellotto; e si onori l’istante in cui mille e mille armati s’avanzano per o contro di me. L’uomo sta tutto quanto dentro da sè. Chi ambisce trono e corona, diasi individualmente a conoscere meritevole di tanto; ed è per questo ch’io vo’ ricacciare col proprio braccio nel regno de’ morti il fantasma in sorto a muovermi guerra, il fantasma che si fa dire imperatore, padrone de’ nostri stati, condottiero e