Pagina:Fausto, tragedia di Volfango Goethe, Firenze, Le Monnier, 1857.djvu/423


parte seconda. 415

     Sfolgoranti origlieri, ecco la nube
     Di gigantesche forme immagin diva
     Farsi vegg’io. Ben Giuno è quella,! È Leda!
     Elena è certo! Oh la beata e cara
     Celeste visïon! — Ahi! me diserto!
     Come ratto svanì! Già, già l’informe
     Massa in un sì raccoglie, e sterminato
     Monte di ghiacci raffigura, in cui
     Di mia giovine etade in fiamma viva
     Il sentimento si riflette. Fuore
     Da’ colli un dolce e tiepido si spande
     Vapor che lene discorrendo, nove
     Forme elette ridesta, e il cor mi bea.
     Di mia fiorente giovinezza, o primo
     Desio, suprema voluttade, o sola
     Gioia che in mente anco mi sei, divino
     Söave aspetto, così dunque gioco
     Di me ti prendi? Oh! di quegli anni io tutta
     Gusto l’ebbrezza, e al rammentarli, in petto
     Il cor si gonfia, si dilata! — Amica
     Dell’alba orezza, nelle vaporose
     Tue nebbie il pronto de’ suoi vispi occhietti
     Volgere io miro, ahimè! compreso appena,
     Su cui tempo non vale, obblio non puote:
     Chè de’ vivi splendori eternamente
     Fia che il tesoro l’anima mi schiari.
     Siccome etereo spirito immortale
     Per la immensa del ciel plaga s’aderge
     Vestita del color di fiamma e d’oro
     La bella crëatura, e seco a volo
     La migliore di me parte solleva.