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parte seconda. | 411 |
Rumor spiando, e degli angelli il canto
E quel che dai canneti esala a sera
Blando sospir. Di Pan la voce, a cui
Tutta di sacro orror freme Natura,
Odesi appena, e a replicar non tarde
Siam noi; se un mormorio mandi, com’eco,
Di rincontro mettiamo un mormorio;
Se tuona, spaventevole di retro
Ben dieci fiate il nostro tuon rimbomba.
Terza parte del Coro.
Noi più commosse, discorriamo in rivi
Chè di codesti fertili poggetti
L’infinita ne trae bella catena; —
Noi con celere corso in grazïosi
Meandri, o suore, serpeggiando, i verdi
Prati, la pésta, il pian, la valle, e il breve
Orlo irrighiamo al casolar da canto.
La bigia de’ cipressi acuminata
Estrema punta della scena al fondo
L’addita; — de’ cipressi che da lunge
Torreggiano ne’ campi, e dalla riva
Specchiansi dentro a’ limpidi cristalli.
Quarta parte del Coro.
Itene, o suore, ove il desio vi mena,
Itene pure! — A noi vagar pe’ gai
Vigneti è in grado ove sottesso il carco
De’ grappoli maturi il tralcio antico
Piegasi. Noi di contemplar diletta
Come solerte s’affatichi il fido
Vignaiuolo, e veder ch’egli cotanto
Per mal certo avvenir sudi e s’affanni.
Or impugna la falce ed or la pala,