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402 fausto.

Elena. Sì, va bene; — guida la bella schiera — in armonici balli.

Fausto. Quando la finiranno, costoro? — Le facezie, i trastulli — non mi garbano punto.

Euforione ed il Coro intrecciano danze svariate, cantando nel tempo stesso:

Quando ripieghi — mollemente e con grazia — a vicenda le braccia; — quando in balia de’ zeffiri — nella sua pompa abbandoni — la morbida chioma; — quando il tuo piè così lieve — va scorrendo sulla terra, — e che da questa parte e da quella — s’allacciano e si premono le membra, — tocchi allora la meta, — amoroso fanciullo, — e i nostri cuori — volano verso di te. (Pausa.)

Euforione. Siete voi tutte quante — snelle e pronte cervette. — A novelli sollazzi — vogliamo adesso far capo! — Io sono il cacciatore, — e voi la selvaggina.

Il Coro. Vuoi tu dunque prenderci? — Non occorre che ti affatichi; — chè tutte a dirla — siamo spasimanti — di abbracciar te, — te bella creatura!

Euforione. Ma sia traverso a’ boschi, — alle siepi ed ai massi! — Un bene che non costa fatica — mi ripugna più ch’altro; — quello invece che ottiensi colla forza — quello soltanto fammi pago e contento.

Elena e Fausto. Oh sfrontatezza! oh frenesia! — Non ci ha verso di frenarlo. — Ma, che è ciò? parmi udire — un corno minaccioso che rintrona — per la valle e nei boschi. — Quale accidente! quai grida!