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parte seconda. 401

Il Coro. Sotto alla dolce apparenza di codesto fanciullo, — le delizie di tanti secoli — si congiungono in questa coppia beata. — Oh quanto non mi commuove codesta unione!

Euforione. Lasciatemi saltellare, — lasciatemi corvettare, — spignermi fin colassù — a tutti i venti! — tal è il mio desiderio, — già me ne sento struggere.

Fausto. Frènati via! — non commettiamo folli improntitudini! — Chè la caduta e la disgrazia — potrebbono cascarti sopra, — e noi precipitar nell’abisso, — amato nostro figliuolo!

Euforione. Non so nè voglio più a lungo — starmi inchiodato alla terra; — lasciate andar le mie mani, — non mi tenete pe’ capegli ricciuti non mi afferrate per le vestimenta, — chè in tutto e per tutto le son mie.

Elena. Deh! pensa almeno, deh! pensa a chi appartieni tu, — rifletti alle nostre angosce! — considera che riuscirai a distruggere — un prezioso bene acquistato per te, — per me, per costui.

Il Coro. A momenti, io dubito — va spezzata l’unione.

Elena e Fausto. Cessa, reprimi — per l’amore de’ tuoi parenti — questi slanci impetuosi — sovrumani; — con una tempera dolce e pastorale, — rallegra la distesa de’ campi.

Euforione. Per vostro solo rispetto farò di frenarmi. (Scappando in mezzo del Coro, e costringendolo a danzare.)

Piacemi di scorrere qui fra voi, — festevole e gaio drappello. — E adesso poi, — la melodia, — il moto; va bene?