Pagina:Fausto, tragedia di Volfango Goethe, Firenze, Le Monnier, 1857.djvu/406

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che del buono e del bello avesseci là dentro sepolto? Miratelo riuscirne tutto azzimato con eleganti vesticciuole trapunte a fiori di color vario, con fiocchi dalle braccia pendenti, e be’ nastri che gli ondeggiano in sul petto. Con in mano un’aurea cetra, a guisa nè manco di piccolo Apollo, s’avvia lesto e gaio sull’orlo estremo. Ci restammo attoniti a cotal vista, e i genitori tripudianti cadono nelle braccia l’uno dell’altro. Ma ve’, qual mai lampeggiamento gli sta in sul fronte? Onde vien dunque lo splendor che tramanda? Nessuno saprebbe indovinarlo. Sarebbe quella per avventura una corona d’oro sfolgorante? O la fiamma di un genio soprannaturale e divino? Ed egli gestisce; egli che fanciullo tuttavia già mostra come sia per addivenire col tempo donno e modello d’ogni più rara beltà; egli che già sente nelle sue membra com muoversi le eterne melodie: e tale appunto vi si farà udire, tale avrete a vederlo e ad ammirarlo per ventura a voi sole concessa.

Il Coro. E tu, figliuola di Creta, ciò tu chiami un prodigio? Non udisti mai dunque la narrazione del poeta? Nulla mai dunque li fu detto delle tradizioni ond’è sì ricco il suolo de’ nostri padri?

Quanto oggi avviene, altro non è che un eco, ahi come incresciosa! delle nostre glorie passate; e il tuo racconto ha soltanto una tal quale rassomiglianza con quello che un’amabile menzogna, più verisimile dell’istessa realtà, ne viene del figliuol di Maia esponendo.

Lo stuolo delle custodi ciarliere, seguendo una sciocca usanza, ravvolge, lui dilicato e in un gagliardo, venuto appena alla luce, in morbidi velli per