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parte seconda. 397

che le sono cavità non per anco esplorate, e sale spaziose e poi altre sale, e corti e poi altre corti, ch’io ebbi scoverte movendo sovrappensieri fra questi burroni. Quand’ecco un forte scoppio di risa uscire di tratto dalla parte più secreta e più cupa. Osservo un bambolino balzare dal petto della donna in braccio all’uomo, e da questo fare a quella ritorno, e le scambievoli carezze, gli scherzi, le moine di un pazzo amore, e le festevoli grida, e il saltellare per impeto di viva gioia mi assordano, e fannomi impazzire. Un genietto nudo e senz’ale, un fauno senza brutalità, va corvettando sul terren di granito; e il terreno, per forza di reazione, tocco appena, in alto il rinvia, talchè al secondo sbalzo od al terzo arriva a toccare il cielo della grotta. La madre intanto va gridandogli piena di sollecitudine: «Salta pur quanto vuoi, ma fa che non ti nasca il ruzzo di volare! Il libero varco ti si interdice.» E il genitore tutto pietoso e clemente piglia ad ammonirlo da canto suo, in questo tenore: «Dentro dal suolo sta la forza che ratto ti spigne verso le regioni dell’aria. Tocca il suolo non più che colla estremità del tuo pollice, e come Anteo figliuolo della Terra sentirai nascere in te una novella vigoria.» E quegli pur segue ad esercitarsi per la vasta mole di queste cavernose rocche: d’una estremità passa all’altra, e va e va per ogni lato come un pallone in balia del vento quando spira più forte. Ed eccolo ad un tratto gittarsi traverso ad un crepaccio, e in fondo all’abisso sparire. Noi lo credemmo perduto; si dispera e duolsi la madre; il padre fassi a consolarla; ed io, facendo spallucce, mi sto angosciata e affannosa. Ma che? Oh meraviglia! Chi avrebbe detto