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parte seconda. | 387 |
fino e penetrante, vedea chiaro nelle tasche di tutti, e tutti i forzieri mi riuscivano trasparenti e diafani.
Ebbi quindi oro a macca, e pietre preziose in buondato: ma lo smeraldo solo è degno di verdeggiare sul tuo petto.
Ora poi, che fra’ tuoi orecchi e la bocca vedasi tremolare la goccia cristallina che in fondo al mar si rapprende! I rubini vanno confusi, chè il vivo colore delle tue gote li vince.
Pertanto, dinanzi a te ricchezze io depongo al tutto inestimabili, e poso a’ tuoi piedi il bottino di tante sanguinose battaglie.
E per numerosi che sieno i forzieri che trascino dopo di me, io n’ho altrettanti e più; soffri ch’io muova sulle tue orme, e colmerotti con essi le volte sotterranee della tua reggia.
Perocchè non prima hai posto il piede sui gradini del trono, che a te pronti s’inchinano la intelligenza, la ricchezza e la forza, umiliandosi al cospetto della beltà unica e sola.
Questi tesori che prima d’ora mi stavano sotto chiave riposti, io gli abbandono in tua mano; essi ti appartengono. Quell’io che reputavali preziosi, rari, veraci, m’accorgo adesso com’ei son nulla.
Quant’io possedeva è ito in fumo: direbbesi essere un po’ d’erba falciata e avvizzita. Oh! sola tu, con un sereno sguardo, varresti a rendere a tutto ciò l’antico pregio!
Fausto. Portati via tosto quella roba arditamente acquistata; portala via senza biasimo, ma pur senza guiderdone. Costei possiede oggimai quanto ha di prezioso dentro da sè il castello, e volernele dare