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piedi, libero e fedele, te riconosca per mia sovrana, te che al primo mostrarti sapesti renderti donna del paese e del trono.

Linceo, di rilorno con in mano un cofano, seguito da uomini che recano de’ presenti. Vengoti innanzi un’altra volta, o regina! L’uom dovizioso va mendicando una tua occhiata; ei ti contempla, e tosto pargli essere povero come un accattone, e ricco al pari di un principe.

Chi er’io da prima? Che son io adesso? Che s’ha da volere? Che s’ha da fare? Il lampo delle pupille si ammorza presso al tuo soglio.

Noi movemmo da Oriente, e le contrade dell’Occaso furono per noi sottomesse. Lungo codazzo di popoli vinti era quello: sterminato così che il primo nulla sapea del sezzaio.

Cadde il primo, restò in piedi il secondo; un terzo si tenne colla lancia in resta. Ognuno di essi n’avea cento dietro alle spalle; e le migliaia mordettero inosservati la polve.

Scagliandoci noi, precipitandoci sovra il nemico, eravamo in ogn’incontro sempre mai vincenti e padroni. Là dov’io m’era a comandar oggi, un altro, domani, saccheggiava, rubava.

La rassegna del bottino era tosto fatta: e chi s’impadroniva della femmina più avvenente; e chi dava di piglio ad un loro ben saldo in sulle zampe; e chi menavasi dietro i cavalli.

Quanto a me, era ghiotto di cose rare e preziose; e tutto ch’altri s’era appropriato, io l’aveva in conto di un pugno di fieno.

Andava io in cerca di tesori; e mercè lo sguardo