Pagina:Fausto, tragedia di Volfango Goethe, Firenze, Le Monnier, 1857.djvu/393


parte seconda. 385

i numi, sì, gli stessi numi e i demoni m’hanno forviata qua e colà per le tenebre. Unica e semplice forma, posi a soqquadro il mondo; sotto duplice aspetto fei peggio ancora; ed ora sotto una triplice ed una quadrupla sembianza, danni arreco su danni.1 Ch’ei s’allontani, e sia libero; nè alcuna vergogna pesi in sul capo all’uomo allucinato dagli Dei!

Fausto. Con mio non lieve stupore, veggo, regina, star quivi insieme il vincitore ed il vinto; l’arco osservo donde partiva lo strale a ferir l’uomo; di codesti strali l’uno all’altro succede, e mi colpiscono, e già gli odo fischiare intorno intorno, per entro al castello, e all’aperto. Che son io per divenire? Tu mi ribelli i vassalli, e rendi impotenti codesti bastioni: e già io temo che la mia armata non traggasi ad obbedire alla donna trionfante ed invincibile. Che altro più m’avanza se non ch’io rassegni in mano a te la mia sorte, e tutto quanto ebbi fidanza di possedere? Permetti che prostrato a’ tuoi

  1. I semidei: Chirone; gli eroi: Teseo, Paride ec; i numi: Mercurio; i demòni: la Forcíde. — Pria che la favola, il mito non fossero venuti ad intralciare la esistenza di lei, quand’ell’era tuttavia una creatura umana, un ente semplice, Paride la invola: mostrasi poscia ad un medesimo tempo, duplice spettro, in Egitto ed in Grecia; e simultaneamente nell’inferno, nella visione d’Achille, e nell’impero di Fausto; in seno al romanticismo, ed alla cavalleria del Medio Evo. Tante favolose reminiscenze assaliscono per guisa la mente di lei, che ne smarrisce qualsivoglia sentimentto della propria esistenza, ogni convinzione d’invidualità, in tanto avvicendarsi d’ombre e di fantasimi a lei dintorno evocati. — Contuttociò Elena assolve l’uomo allucinato dagli Dei; Fausto piega, e si dà per vassallo alla beltà senza pari. «Convien tenersi lungi dallo spirito e dalla bellezza, a non cadere schiavi di essi» — «Vis superba formæ.» Bella sentenza di Giovanni Secondo. — «Fra tutti i popoli son quelli i Greci che abbiano sognato il più bel sogno della vita.» (Goethe, Ethisches pass.)