Pagina:Fausto, tragedia di Volfango Goethe, Firenze, Le Monnier, 1857.djvu/389


parte seconda. 381

intorno da te: lo schifoso fantasma è sparito; o tiensi forse nella nube in seno alla quale noi fummo qui condotte, non so come, ratto come lampo senza muovere un passo. Se pur non è ch’egli erri, smarrito nel labirinto di questo mirabile castello, di tanto varia e molteplice armonia, cercando, come dicevi, il padrone perdisporlo a prestarti l’omaggio a’ principi dovuto. Ma vedete lassù nelle gallerie, sui poggiuoli, sotto i porticati, agitarsi tutta affaccendata, una fila numerosa di paggi e valletti! ogni cosa ne porge indizio di un ricevimento nobile ed ospitale.1

Il Coro. Il mio spirito ripiglia lena e si dilata. Oh! mirate con quanta grazia, e con passi tardi e in cadenza, il dolce e giovane drappello conduce il ben ordinato corteggio! E come mai, e per cenno di chi, dassi egli a vedere così di buon’ora acconcio e disposto questo popolo regale di garzoncelli? Mal saprei dire qual cosa ecciti in me maggior meraviglia, se le mosse dignitose, o se le ciocche de’ lor biondi capegli che ne adornano la splendida fronte, o se le gotuzze incarnatine e sparse di morbida lanugine, sembianti a pèsche rosee vellutate. Che gusto mi darebbe il morsecchiarle un pocolino! ma non so decidermivi, sapendo che in tal caso, la bocca, orribile a dirsi! ti si riempie di cenere!2

Ma questi be’ garzoni s’avanzano; che portano essi mai? I gradini pel trono, i tappeti, il cuscino,

  1. L’apparizione di codesto castello feudale, e quanto avviene sino alla fine dell’Atto, sembra la conseguenza fantasmagorica del viaggio di Fausto nell’antro di Persefone; come pure l’intero episodio greco deriva dall’esser egli disceso presso le Madri.
  2. Si rammentino le illusioni della scena delle Lamie.