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parte seconda. 373

sponda d’argento; colmate d’acqua le idrie onde si lavi l’orribile imbratto del negro sangue; spiegate in fine sul terreno polveroso i preziosi tappeti, acciò la vittima pieghi regalmente i ginocchi, e venga poi seppellita, — col capo, è vero, spiccato dal busto ma sempre con dignità!

La Corifea. Sta la regina pensosa; e le giovani donzelle si abbattono, com’erba dalla falce mietuta. A me dunque, a me la maggiore di tutte, corre l’obbligo sacro di scambiar parole con te, vecchia decana. Tu hai la sperienza e la saggezza; e sembri non meno ben disposta verso di noi, tuttochè abbiati a prima giunta questa improvvida schiera provocato. Quindi è ch’io ti chieggo qual via rimanga aperta ancora per la nostra salvezza.

La Forcide. Restane sol una, ed agevole. Sta in mano della regina il preservar sè, e voi tutte quante con essa: ma e’ conviene decidere senza indugio.

Il Coro. Oh la più rispettabile infra le Parche! la più saggia delle Sibille! tieni aperte, di grazia, le forbici d’oro, e non sii lenta ad annunziarci lo scampo e la vita, mentre ci sentiamo fin d’ora correre un brivido per le ossa, e già già ne sembra che a’ buffi del vento dondolino le dilicate nostre membra, cui riuscirebbe le mille volte più dolce l’agitarsi in danza festosa, per dipoi riposarci sul petto del nostro amante.

Elena. Lascia pur ch’esse temino. — Da mestizia io son presa, non da spavento; ad ogni modo, se conosci una via di salute, verrà accolta con senso di gratitudine. Per chi è saggio, e d’ingegno perspicace