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372 fausto.

La Forcide. La vittima, o regina, se’ tu stessa!

Elena. Io?

La Forcide. E tutte costoro.

Il Coro. Oh sventura! oh disperazione!

La Forcide. Tu dèi cadere sotto il coltello.

Elena. Orrore! Ma l’ho presentito, infelice ch’io sono!

La Forcide. Ciò parmi al tutto inevitabile.

Il Coro. Oh noi meschine! E qual fato fia dunque il nostro?

La Forcide. Ella morrà di nobile morte; ma voi, come i fringuelli nelle reti del cacciatore, vi andrete dibattendo, sospese intorno intorno all’erto poggiuolo che sorregge la compagine del tetto. (Elena e le ancelle in alto di stupore e di raccapriccio, formano un bel quadro armonicamente disposto.)

La Forcide. Fantasime! — Sembianti a statue immobili, vi state colà sbigottite, perchè vi è forza staccarvi dalla luce del giorno che punto non vi appartiene. Gli uomini, questi spettri che vi somigliano, rinunciano tutti di mala voglia all’augusta lampa del Sole; pur non è voce che interceda per essi, nė vi ha possa alcuna che dal fato gli scampi. Niuno lo ignora; e tuttavia ben pochi sono coloro che sel tolgano in pace. Non monta, la è finita per voi. All’opera, dunque! (Batte palma a palma, ed entrano tosto parecchi nani con maschera in viso, che si affaccendano ad eseguire gli ordini.) Vien qua tu, mostro tenebroso, e di forma sferica! Va a rotolarti da questa parte! Coraggio! Assai male c’è qui da operare; pigliatevene pure una satolla; fate posto all’altare da’ corni d’oro! Che il luccicante coltello sia posato sulla