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parte seconda. 363

ne, giganti, ravvolte ne’ densi vapori, schiarati dalla vampa in ogni parte.1

S’io scorgessi tanta confusione, o se lo spirito in preda alle più vive angosce se l’abbia sol figurata; mal saprei dirlo: ma che di presente io contempli co’ propri miei occhi codesto mostro, oh! non vo’ dubitarne; e potrei toccarlo pur colle mani dove non mi ritenesse la tema di qualche sconcio!

Quale dunque tra le figliuole di Forco2 se’ tu? ch’io ti reputo essere di cotal razza. Saresti mai una di quelle Grazie, che nate nella decrepitezza, hanno fra tutte e tre un sol occhio e un sol dente, che vada una in altra per torno?

E ardisci tu, mostro, trarti daccosto alla bellezza, e alla vista comparire di Febo che ti smascheri e ti svergogni? Non monta, fàtti pure avanti, ch’esso punto non bada alle deformità nauseanti, come appunto il sacro suo occhio non vide mai ombra di sorta.

Ma noi, nate mortali, noi siamo, ahi lasse! fatalmente dannate alla vista d’inaudite sconcezze, cui l’ignobile e maladetto dalla eternità palesa a’ cuori inebbriati del bello.

Odi pertanto, o lu che ne sfidi arrogantemente, odi la maledizione, il rabbuffo, la minaccia, che leva contra le quel medesimo labbro avverso alle venturose creature formale per man degli Dei!

  1. Il Coro canta lo spaventoso dramma della rovina di Troia; notte lagrimevole, in cui furono vedute apparire divinità formidabili, e per accennarne alcuna, Eris o la Discordia. (Vedi Omero nell’Iliade, lib. XI.)
  2. Figliuolo del Mare e della Terra. Sposò Ceto, dalla quale ebbe Medusa, e le altre Gorgoni. Fu vinto in un combattimento da Atlante, per la qual cosa si precipitò nel mare.