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parte seconda. 359

terra, senza ch’ei valesse a compiere l’atto solenne, impeditone dallo intervento del nemico incalzante, o di alcuna propizia divinità.

Il Coro. Quanto sia per succedere neppur tel figuri. O regina! indrizzati colà coraggiosamente! Il bene ed il male giungono all’uomo inattesi; e nega perfino di prestarvi credito, s’anco altri ne lo prevenga. Andò Troia in fiamme; e noi ci vedemmo dinanzi agli occhi la morte, e, che è peggio, morte ignominiosa ed infame. Ed ora non siam noi qui a le compagne, contente di prestarti servigio? Non contempliamo noi forse lo splendenle Sole del cielo, e quanto v’ha di leggiadro in sulla terra — te vogliam dire — con nostra somma ventura?

Elena. Avvenga ciò che sa e può! Qualunque sia il destino che mi aspetta, deggio senza indugio ascendere nella magione regale, che da gran tempo deserta, e sospirata tanto, e poco men che perduta, mi sorge ancora, non so come, dinanzi agli occhi. I miei piedi non volano più sì leggeri su per gli alti scalei, come eran usi di fare nell’ardente mia fanciullezza.

Il Coro. Cacciate, o mie sorelle, per fatal sorte cattive, cacciate in bando ogn’idea affannosa! dividete la ventura della regina, la rara ventura di Elena, che al focolare paterno, con passo tardo e lento al tornare ma tanto più sermo e risoluto, allegramente s’avanza!

Levate inni di laude a’ santi Numi, restauratori propizi de’ passati guai, a’ Numi che proteggono il ritorno! Chi riacquista la sua libertà sormonta a volo le più ardue velte, intanto che il prigioniero, cruciato dal desiderio, tende invano le braccia, e