Pagina:Fausto, tragedia di Volfango Goethe, Firenze, Le Monnier, 1857.djvu/364

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reduce dalla collina di Pallade innalzava giusta il suo talento, e cui teneva egli arredato con più di magnificenza fra tutti i palagi di Sparta, a’ di quand’io cresceva insieme con Clitennestra, amandola come suora, e in compagnia di Castore e di Polluce iva tuttodì baloccando. Salvete, o voi battitoi della gran porta di bronzo che, schiudendosi ospitaliera, fu cagione che il trascelto in fra tutti, Menelao, sfolgorante mi apparisse nella beltà del fidanzato! Schiuditi un’altra fiata dinanzi a me, che fedelmente eseguisco un messaggio del monarca come alla sposa conviensi. Dammi qua entro l’accesso, e che ogni cosa mi resti alle spalle, tutto tutto che fino al presente di ebbe a darmi travaglio con trista fatalità! Imperciocchè dal momento in cui, fiduciosa e scevra d’ogni timore, mi dipartii da questo luogo per visitare, trattavi da un sacro dovere, il tempio di Citerea, dove l’uomo di Frigia stese sopra di me la rapace sua mano, lunga serie di casi ebbero luogo, di que’ casi onde gli uomini volentieri novellano in brigata, ma cui certo non ode di buona voglia colui, la storia del quale, coll’andar di bocca in bocca alterandosi di più in più, termina poi per riuscire un viluppo di favole.

Il Coro. Non isdegnare, o nobile signora, il glorioso possesso del più alto infra’ beni! chè a te sola è largita la ventura per eccellenza, fregiata qual sei di beltà impareggiabile e al tutto singolare. L’eroe viene preceduto dal famoso suo nome che dovunque rimbomba, ed è per questo che altero incede e superbo. Se non che uomo non avvi inflessibile tanto che non sentasi tratto a piegare lo intelletto vanitoso dinanzi alla bellezza che tutto doma.