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parte seconda. | 353 |
Galatea, che brilla sembiante a una stella fra la moltitudine. Il caro oggetto rifulge di mezzo alla calca, lungi por quanto vuoi, prossimo però sempre e vero e reale.
Homunculus. In quest’umido sereno, ciò ch’io prendo a schiarire mostrasi attraente e leggiadro.
Proteo. In quest’umido vitale, la tua lucerna irraggia con uno splendore magnifico.
Nereo. Qual mistero novello in mezzo alle falangi rivelasi a’ nostri occhi! Che è mai ciò che sfolgora intorno alla conchiglia di madreperla, appiè di Galatea? Or vivo fiammeggia, or tenero, or mite; diresti che v’ha dentro il battito delle arterie dell’amore.
Talete. Homunculus è quello sedotto da Proteo;... Veggonsi in lui tutti i sintomi d’un ardore che tocca il sommo: io ne temo le angosce del doloroso commovimento. Egli è sul punto di spezzarsi contro il trono abbagliante; scintilla.... divampa.... si fonde.
Le Sirene. Qual prodigiosa incandescenza illumina i fiotti che tra loro scintillando si frangono? Brilla quel non so che di luce tremola, incerta, e spande all’intorno un fulgore vivo e sereno. I corpi s’infocano per gli spazi notturni, ed ogni cosa, a tondo, è compresa dalla fiamma. Per siffatta guisa regna Eros, principio di tutti quanti gli esseri.
Gloria del mare ai ceruli
Flutti sonanti invoco,
In fiamma accesi — luccicante e pura!
Gloria de’ fiumi ai tremuli
Cristalli! e gloria al foco!
Gloria a questa mirabile ventura!
Tutti. Gloria alle aurette tiepide, sottili!
Agli ombrosi recessi ove ridutti