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352 fausto.

figliuoli arditi del mare, e mai non saremo stati felici come adesso, nè più bella e cara ventura fia per toccarci da ora in poi.

GALATEA si avanza sur un carro di madreperla.

Nereo. Se’ tu, anima mia!

Galalea. O padre! Oh me avventurata! Fermatevi, o delfini, un guardo qui m’incatena.

Nereo. Già scomparsi! S’allontanano essi nel vortice delle ondate! Che è per loro la viva emozione del cuore? Oh perchè non pigliar seco me pure! Ma una sola occhiata l’inebbria per un intero anno.

Talete. Gloria! gloria! e pur sempre gloria! Qual viva estasi mi ha tutto compreso! come sentomi rapito dal bello, dal vero!... Oh! vien dall’acqua ogni cosa, ed ogni cosa l’acqua mantiene e conserva! Daone, o mare, in prestanza l’eterna tua virtù! Se tu non fossi ad esalare i vapori che in nubi s’addensano, se i vivi ruscelli non facessi scorrere qua e colà, se non alimentassi i fiumi, e non avessero da le vita i torrenti, che sarebbero i monti, le pianure, e tutta infine la terra? Tu, tu solo serbi alla vita quanto è in lei di freschezza e di vigoria.

ECO.

Coro di suoni che si diffondono in cerchi. Scaturisce da te solo la florida e fresca esistenza.

Nereo. Ve’, tornano essi, ma da lungi, cullati dalle onde! ma a’ nostri occhi non è più dato incontrarsi; l’ordine della festa richiede che le innumerevoli schiere intreccino fra loro ampie ghirlande. Pur pure, mi sta continuo dinanzi il trono splendente di