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348 fausto.

I Telchini. O Dea amabile in fra tutte! dalla superna tua volta tu ascolti tutta giubilante le lodi del fratel tuo, e porgi l’orecchio a Rodi, l’avventurata, donde s’innalza a lui il cantico eterno. Sia che imprenda il suo corso, sia che lo compia, ei sempre ne guarda con occhio scintillante in fiamma viva; e monti e ville e la piaggia e le onde son care al Dio, e graziose e splendide compariscono. Non pur ombra di nube ne sta in sul capo; e se per avventura alcuna sen mostri, vibrasi un raggio, o spira un po’ di aria, e n’è l’isola di tratto purificata! Colà l’immortale in cento fogge contempla la propria immagine, dove garzoncello e dove gigante; maestoso pur sempre ed affabile! E noi fummo i primi che la possanza degli Dei sotto la degna forma dell’uomo rappresentammo.

Proteo. Lasciali pur cantare, lasciali nella loro giattanza insuperbire! al chiarore vitale del Sole divino, le opere morte non son più che baie; costoro modellano, fondono il metallo, e tosto ch’e’ l’ebbero versato nella forma cretacea, stimano d’aver fatto portenti! Che interviene da ultimo a que’ vanitosi? Le immagini degli Dei tenevansi erette in tutta la loro grandezza; — una scossa di terremoto le rovesciò; ed è lunga pezza che s’ebbero a rifondere.

Le fatture della terra, qualunque e’ sieno, son poi sempre miserabili e grame; ben più alta alla vita l’onda si mostra: e però Proteo-Delfino s’appresta a recarti in seno all’onda eterna. (Si trasforma) Ecco fatto! Là i più bei destini ti aspettano; io li prendo sul dorso, e ti marito all’Oceano.

Talete. Assenti al lodevole desiderio di lui, e fàtti a cominciare ne’ suoi principii la creazione! Ti