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parte seconda. 347

per appunto guizza assai daccosto. Traete meco, laggiù!

Talete. Io pure vi accompagno.

Homunculus. L’andare degli Spiriti è oltre ogni concetto mirabile!


I TELCHINI DI RODI1


sugli Ippocampi o cavalli marini, tenendo in pugno il tridente di Nettuno.

I Telchini, in coro. Per noi fu costrutto il tridente di Nettuno con cui abbonaccia i fiotti tempestosi. Se il dono del fulmine aggruppa in aria i gonfi e negri novoloni, all’impeto orrendo vien concorde Nettuno; e nell’atto che lassù guizzano i lampi, onda sovr’onda laggiù s’accavalla spumando, e tutto che in quel mezzo s’incontra, in balìa della tempesta, bersagliato a dilungo, vien da ultimo negli abissi travolto e inghiottito. A tal fine appunto ne è oggi dato in mano lo scettro, — e noi voghiamo in quest’ora sovra i flutti con gran treno, lievi e tranquilli.

Le Sirene. Salvete, o voi, sacri ministri d’Hélios, o voi che siete i prediletti del Sole splendiente e sereno; salvete in quest’ora di commozioni, alla festa della Luna assegnata!

  1. Arditi fonditori, fratelli cadetti di Vulcano, gioventù scelta da Hélios, i Telchini, in numero di nove, abitavano da prima in Sicione, da dove cacciati per la guerra, trassero a stabilirsi in Rodi. Fondevano essi nel bronzo le statue degli Dei; di qui senza meno il privilegio che loro s’attribuisce di riprodurre sè medesimi sotto varie forme. Vengono detti altresì alcuna volta inventori della navigazione.