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parte seconda. 333

re. — Adesso poi, alla gioconda festa del mare! Colà s’attendono ospiti meravigliosi, a render loro onoranza ed omaggio. (Si allontanano.)

Mefistofele, aggrappandosi dalla parte opposta. E’ m’è por forza trascinarmi su per codesti massi enormi e dirupati di granito, abbrancato alle ispide radici dell’antico querceto! Sul mio Brocken i vapori dell’Harz tramandano non so che odor di bitume che mi garba assai, dopo lo zolfo.... ma qui, fra codesti Greci, non ne fiuti per nulla. Sarei curioso di sapere con che sogliano essi attizzare il fuoco dell’inferno.

Una Driade. Che tu fossi un tal po’ saggio e prudente a casa tua, può darsi, ma lo sei ben poco all’estero; giacchè, invece di volgere continuo il pensiero al paese natale, dovresti onorar quivi la maestà della quercia sacrata.

Mefistofele. Non può stare la mente che non torni alle cose lasciate; ciò che per lungo uso si vide, rimane per noi un paradiso. Ma, dimmi: in quell’antro laggiù, qual triplice forma rivelasi coccoloni, al chiarore di fioca lampana?

La Driade. Son esse le Forcídi!1 Arrischiati, se ti dà l’animo, di venire fino costì, e volgi loro il discorso.

Mefistofele. E perchè no? — Travedo qualche oggetto, e ne son tutto ammirato. Per quanto ardito io mi sia, deggio confessare a me stesso di non aver mai veduto cosa che loro somigli. Tanta orridezza è in costoro, che ne disgrado persin le Mandragore.... È egli possibile che serbi punto di schifosità la colpa

  1. Le Gorgoni, Euriale, Stenio e Medusa, figliuole di Forco, dio marino, e di Ceto.