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parte seconda. 327

(abbracciandola.) Uh! misero a me! Qual asciutta granata! (ne stringe un’altra) E costei.... oh l’orribile mascherone!

Le Lamie. Meriteresti tu forse qualche cosa di meglio? Nol credo.

Mefistofele. Or vo’ beccarmi la piccola.... che è? il braccio di lei cambiasi in una lucerlola che mi sguizza di mano, e le morbide sue trecce mi scappano via al pari d’un serpente. A rifarmi di tali sconci lazzi ghermirò quella d’alta statura... Misericordia! la è non più che un tirso e sopravi una pina.... Dove mai vuol riescire tutto questo?.... Con quella grassoccia farò di consolarmene: m’arrischio per l’ultima fiata! Or su dunque!.... Pastosa, floscia, gli Orientali pagano a caro prezzo di cotali tesori.... Poffare! la è una vescica scoppiata.

Le Lamie. Scomponete le file; aggiratevi, svolazzate: circuite co’ vostri sciami tenebrosi l’importuno figliuolo delle streghe..... circolo vagante, orrendo! Vipistrelli dai vanni tacenti..... Ei se ne sbriga a troppo buon mercato.

Mefistofele, schermendosi. Non mi sono ancora, a quanto pare, rinsavito abbastanza! Costì, come nel Nord, tutto che avviene è irragionevole, assurdo; e qui come laggiù, gli spettri sono schifosi, poeti e popolo scipiti; e qui come dapertutto la mascherata altro non è che una tregenda sensuale! Ho presa alla ventura alcuna di esse maschere leziose e leggiadre, e la mano afferrò tali enti ond’ebbi a raccapricciare! Nè avrei a male di patire ancora taluna di codeste gherminelle, purchè e’ fossero di più lunga durata. (smarrisce la via fra le rocce.) Dove son’io?