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parte seconda. 325

non vale un frutto codesta genía che s’allaccia il busto e s’imbelletta le gote; nulla è in esse di sano cui possano comunicarti, dove che tu prenda a toccarle, fracide in ogni lor membro e corrotte. Lo si sa, lo si vede, lo si esperimenta pur anco, e nondimeno, oh le fetide carogne! solo che mandino un zufolino, e tosto hanno i vagheggini alle calcagna.

Le Lamie, ristando dalla corsa. Ferma! Egli riflette, esita, s’arresta. Corretegli dinanzi, non forse e’ ci avesse a fuggire.

Mefistofele, proseguendo il cammino. Avanti! Non vo’ lasciarmi cogliere da’ lacci del dubbio; imperocchè, al postutto, se le streghe punto non fossero, chi diavolo vorrebbe farla da diavolo?

Le Lamie, con piglio carezzevole. Meniamo a cerchio la danza intorno a codesto eroe; l’amore va senza meno a suscitarglisi in petto per alcuna fra noi.

Mefistofele. Aftè, che al dubbio lume voi m’avete cera di femmine gentili, nè vo’riuscirvi sgarbato.

Empousa,1 uscendo fuori di schiera. Nè tampoco io! E come tale consentite ch’io sia pure del vostro sèguito.

Le Lamie. Ella è di soprassello nel circolo, ella non buona mai ad altro che a sconcertare i nostri giuochi.

Empousa a Mefistofele. Abbiti il saluto di Empou-

  1. Ἕν ποῦς, Divinità dal piè d’asino, messaggiera di Ecate, o secondo alcuni la medesima Ecate, che mostrasi a’ viandanti sotto varie forme, or giovenca ed or albero, quando mosca e quando serpente. Mefistofele, cui non va troppo a sangue una tal parentela col piè d’asino, fa finta di non capire, e si raddrizza sul suo piè di cavallo con una boria al tutto aristocratica.