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come mai? Cel dica chi lo sa! Non ci venite a chiedere donde veniamo, dappoichè alla fin fine troviamci qui! Per darsi bel tempo qualsivoglia paese è acconcio ed opportuno; tosto, come un fesso s’apre entro la roccia, tu vi trovi il nano bello e apparecchiato. Il nano e la nana, lesti all’opera! Coppia per coppia mostri la sua valentìa! Non saprei dire se nel Paradiso le cose procedessero già di tal piede. Quanto a noi, troviamo di costà che va tutto per lo meglio, e benediciamo grati alla nostra propizia stella, dappoichè da levante comeda ponente la madre terra facile e produttiva si mostra.

I Dattili. S’ella produsse i piccoli in una notte, genererà altresì i minimi, che troveran bene chi li pareggi.

I più anziani fra’ Pigmei. Suvvia! ordinatevi pigliate posto! — mano all’opra! — Destri, se non gagliardi! — Fin che dura la pace — apprestate la fucina a provvedere l’armata — di scudi e di strali.

E voi, Imsi, quanti siete — bulicame d’assai attività, — forniteci i metallil e voi, Dattili — numero

    prese, s’aguzzano in un attimo dardi e giavellotti, impegnasi la zuffa, e gli aironi vanno massacrati sullo stagno. Tosto le gru, gli augelli d’Ibico, depositari della sacra vendetta, levansi in aria, la quale echeggia tutta quanta di rabbiose strida; avrassi intera giustizia dell’onta, e i Pigmei non tarderanno a pagare il fio dell’attentato. (Vedi la Ballata di Schiller.) Sempre e poi sempre la tradizione fantastica, il mito, la leggenda; dopo l’Idra di Lerna, le Stinfalidi, e dopo queste, le gru d’Ibico; il romanticismo è dovunque, librasi per l’aria co’ sacri augelli, galoppa ne’ campi con Fausto seduto in groppa a Chirone, e discende con Mefistofele nell’antro delle Forchiadi. Il concorso è uniforme dalla Sfinge al Centauro, dalle Sirene alle Lamie, da Ecate ad Empousa; non un’idea, non un essere, non uno schizzo che venga meno all’uopo del grande poeta.