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318 fausto.

Chirone. Il tuo tempio è dunque in piè tuttavia?

Manto. E tu, vai tu sempre a zonzo per le campagne?

Chirone. Fin che tu la durerai nel silenzio e nel riposo, io mi andrò continuo aggirando pel mondo.

Manto. Sto in attesa stretta dal tempo. E costui, chi è desso?

Chirone. Questa malaugurata notte hallo spinto costà nel fiero suo turbinio. Ei va pazzo per Elena! Lei vorrebbe far sua, e non sa come nè da qual parte incominci: l’intraprendere a curarlo la è impresa degna al tutto di Esculapio.

Manto. Chi va dietro all’impossibile, mi è caro e non poco. (Chirone seguita pe’ campi a galoppo, ed è già molto lungi.)

Manto. Or vanne, o forsennato, e dàtti in preda alla gioia! Quell’andito oscuro fa capo alla stanza di Persefone, la quale dalle viscere sotterranee dell’Olimpo viene segretamente spiando la contesa felicità. Colaggiù, ebbi altra fiata introdotto Orfeo; oh! possa tu dell’entrata che a te por si concede, meglio di lui approfittarti! All’erta! coraggio! (Fausto entra sotterra.)


IL PENEO.

come prima.

Le Sirene. Tuffatevi per entro alle acque del Peneo! Colà avete a nuotare ruzzando, e a canterellare canzonette una dopo l’altra a ricreamento della razza maladetta. Ove l’acqua ne manchi, ogni bel fare ne