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parte seconda. 317

Chirone. Non ispregiare la salute da quella nobile sorgente da cui ti è dato ottenerla! Salta giù lesto, però che siamo arrivati.

Fausto. Or dove mai — in grazia — mi hai tu menato nel fitto buio della notte, e traverso a quest’umide sabbie? Qual piaggia è questa?

Chirone. Qui Roma e Grecia ebbersi un dì conteso coll’arme il primato: ne sta a dritta il Peneo, l’Olimpo a sinistra, e il regno immenso che perdesi nella rena. Il re fugge, il cittadino trionfa. Volgi la tua pupilla, ed osserva: qui di costa a noi, a rimembrare appunto quel fatto, s’erge, schiarato dalla Luna, il tempio eterno.1

Manto pensando fra sè. L’ugna d’un corsiero fa risuonare l’atrio sacrato: son certo Semidei che s’avanzano!

Chirone. Benissimo! Vorrei solo che la aprisse un po’ gli occhi!

Manto svegliandosi. Sii tu il benvenuto! Si vede che mai non manchi.

  1. Potrebbesi accennar qui la battaglia di Cinocefalo, nella quale Quinto Flaminio vinse Filippo III di Macedonia l’anno 197 prima di Cristo; ma il campo di Cinocefalo, abbenchè trovisi nel cuore della Tessaglia, è non poco lontano da’ luoghi che assegna Goethe per teatro alla notte di Valburga. Saremmo tratti fors’anco a ricordarci il Cidno, dove Paolo Emilio ebbe sconfitto Perseo, successore di Filippo; se non che il Cidno giace a mezzodì della Macedonia, e però lungi anch’esso dal punto della nostra azione. Tuttavia, se que’ due combattimenti ch’ebbero luogo fra Romani e Macedoni non s’accordano al postutto colla topografia dataci dall’Autore, che pone a dritta il Peneo e l’Olimpo a mancina, non sapremmo qual altro indicarne. — Non si sperda di vista, che ci troviamo nella Notte di Valburga, notte riboccante di fantasime, e che, al dire di Mefistofele sul Brocken, nella Parte Prima, «non bisogna stare così sulle sottigliezze.» — Il vasto regno perdesi nella rena; la Macedonia sotto Alessandro: il re fugge; Filippo III, oppure Perseo: il cittadino trionfa; intendi Flaminio, o se ti aggrada, Paolo Emilio.