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tivo di concupiscenza: in una parola, il poeta non fa caso veruno del tempo.

Fausto. Ah! nè ella tampoco veggasi al tempo soggetta! L’incontrò bene Achille in Fere fuor d’ogni contingenza di tempo. Felicità non ponto sperata, conquiste fatte in amore a dispetto della sorte, chi potrà dunque contendermi, che per sola virtù del prepotente mio desiderio, ridesti l’unica bellezza alla vita? La divina immortale fattura, sublime e affettuosa ad un modo, di riverenza degna insieme e d’amore, to prima d’ora la vedesti; ed io oggi stesso holla veduta vezzosa tanto quanto seducente, vezzosa tanto quanto vagheggiata e agognata. Ogni mio sentimento, e fin la più tenue fibrilla dell’esser mio n’è compresa e posseduta; talchè, ov’io non giunga ad averla, ne morrò senza fallo.

Chirone. Mio buono straniero, ciò che tu, uomo, stimi una beatitudine, appo gli Spiriti si ha per vero delirio. Non monta però, che tutto cospira a farti pago e contento. Io soglio ogni anno recarmi per un po’ di tempo da Manto, figliuola d’Esculapio, la quale, raccoltasi in segreto, va porgendo preci al genitore onde si piaccia illuminare pur finalmente lo intelletto de’ medici, sicchè cessino una volta di essere micidiali in modo così sfrontato. Colei ch’io pregio meglio d’ogni altra Sibilla, non dà in pazzi contorcimenti, ma dolce si mostra, affabile, cortese: ed ella, purchè rimanga secolei alcun poco, riuscirà colla virtù dell’erbe a risanarti compiutamente.

Fausto. Tengasi pure i suoi farmaci! Spirito mi sento io gagliardo, e possente! Ne diverrei allora stupido, imbestiato com’altri.