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e leggiadria perfetta di membra erano spedienti: risoluti e presti ad accorrere ove l’altrui periglio li domandasse, tali si diedero a conoscere i Boreadi: riflessivo, gagliardo, tutto prudenza, e destro nel dar consigli, parve in fra tutti Giasone, delizia del sesso gentile: quindi Orfeo, tenero sempre e discreto, che nell’arte di sonar la cetra non ebbe chi l’agguagliasse; da ultimo l’ingegnoso Linceo che dì e notte traverso agli scogli guidò il sacro naviglio. La prova del rischio fassi in comune; e se l’opera è ad un solo commessa, ogni altro piglia parte alla lode.

Fausto. E di Ercole non mi dirai tu nulla?

Chirone. Ahi, sciagura! perchè inasprisci tu la mia piaga?.... Non avev’io mai veduto. Febo, nè Arete, nè Hermes, secondo e’ vengono appellati, quando mi fu dato contemplare là, in faccia a me, tutto che l’uomo nella divinità ammira e cole. Un regal giovinetto, modello in vista di perfetta armonia, sommesso a’ suoi fratelli maggiori di età, devoto alle avvenenti femmine altrettanto, tale, a dir breve, che nè Gea saprebbe creare l’eguale, nè altro mai verrà da Ebe nell’Olimpo introdotto. Indarno si sfoggiano gl’inni e con vano tormento le pietre sotto ai martelli scheggiano.

Fausto. Hanno gli statuari un bel faticare in sui marmi, chè mai non cel seppero figurare in tutta sua maestå. Poichè tu m’hai discorso del più leggiadro fra gli uomini, dimmi pare un molto della più avvenente in fra le donne.

Chirone. Che domanda è la tua?.... La bellezza femminile è per sè un bel nulla, o in generale, non più che un’immagine ghiacciata; da canto mio, solo