Pagina:Fausto, tragedia di Volfango Goethe, Firenze, Le Monnier, 1857.djvu/319


parte seconda. 311

    Correndo a nuoto a sollazzarsi intese;
    O sull’umida sabbia impaurite
    Inquïete fuggendo! — E poi le grida,
    I contrasti, le baie! — Oh! me far pago
    Dovrian bene, cred’io, queste fanciulle,
    E qui l’occhio trovar le sue dolcezze.
    Sempre, più lungi sempre il mio bramoso
    Spirto si lancia, penetrante, acuto
    Nel più riposto sen l’occhio s’interna.
    Sottesso un padiglion di ricca fronda
    Tiensi l’alta reina; ed ecco in mille
    Cerchi fendersi l’acque, e da un riposto
    Cespuglio a nuoto uscir cigni regali
    Tranquilli in lor desio, dolci, amorosi,
    E insiem di tanta venustà superbi.
    Ve’ qual piegan sol mobile elemento
    L’eburneo collo!.... Un d’essi, un d’essi intanto
    Nella schiera gentil primo si nota.
    Move, turgido il sen, por come acceso
    Di sua rara adornezza, e traversando
    Quell’armonico sciame, al Sol dinanzi.
    Le orgogliose sue penne dilata.
    Vedi! ei s’affretta, e con sprezzante calma
    Onda sovr’onda riversata, al santo
    Loco dentro si trae. — Pel cheto azzurro
    Gli altri qua e là discorrono, e tranquilli
    Spiegan la pompa del nevoso manto. —
    Indi a un tratto con impeto improvviso
    Serrati a stuolo ad assalir le vaghe
    Donzellette inquïete ecco sen vanno,
    Che d’un asilo in cerca ove secure
    Ritrarsi, oblian che da profano piede