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310 fausto.

        Deh! vieni, e il canto, a molcere
      Il tuo dolor, s’udrà;
      Vieni! e del nostro anelito
      L’ebbrezza a te verrà!

Fausto.

    Ben veglio io – sì! Tale a danzarmi intorno
    Delizïose immagini cui nulla
    Pareggia in terra, o care di quest’occhi
    Larve, o memorie, o crëazioni — a lungo
    Seguite ancor! Così, così beato
    Altra volta io mi fui!1 Di sotto al rezzo
    Di fitti rami cui l’auretta morde
    Soavemente, tacito serpeggia
    Un rio che move appena; e da ogni parte
    Cristalline sorgive, argentei fiotti
    Formano grata, anzi mirabil conca
    Che alla sponda decresce, e al bagno alletta.
    Membra di gioventù piene e di vita
    Da quell’umido speglio alle incantate
    Pupille in doppia immagine reflesse!
    O sogni! o dolci fantasie! Donzelle
    Che dentro all’acque tuffansi, dattorno
    Lascivette, scherzose arditamente

  1. Rimembranza del laboratorio di Wagner, e delle illusioni fattegli gustare da Homunculus sogoo delizioso, o forse ancora non più che una osservazione psicologica del poeta. L’uomo, in balia della passione che lo domina, smarrisce ogn’idea di luogo e di tempo, così che pargli riconoscere la piaggia ove pone il piede la prima volta, e gli avvenimenti che si svolgono sotto a’ suoi occhi sono per lui siccome fatti antichi e passati; nè il più delle volte s’inganna, chè il mondo presente e i suoi casi, tutto preesisteva in idea nella sua mente; e le immagini della divinazione sonosi in lui impresse a tal segno, da renderlo certo che sieno esse ricordo d’un tempo già trascorso.