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304 fausto.

Mefistofele, portando lo sguardo in alto. La stella vola dietro la stella; il disco lunare, abbenchè scemo, manda chiari i suoi raggi; ed io da questo buon luogo mi godo mille mondi, e vo scaldandomi col tuo vello lionino. Inescusabile fallo certo io farei ove me ne sviassi per inerpicarmi troppo in su. Bando agli enimmi, e sii paga di sole sciarade.

La Sfinge. Non hai che a proporre te medesimo; e fia già questo, per mia fè, un bello enimma. Ingègnati a buon conto di chiarire per punto quale tu sei: «Utile così al buono come al tristo, un bersaglio pel primo dove lancia stoccate a furia nelle sue contemplazioni ascetiche, e pel secondo un compare di follie, per tolti poi lo zimbello della divinità.»

Primo Grifone crocidando. Costui non mi va.

Secondo Grifone, crocidando più forte. Che pretend’egli costui?

Tutte due insieme. Quel vile marrano non ha qui punto che fare.

Mefistofele, con impeto di rabbia. Stimate voi forse che le ugne del nuovo commensale non sappiano scorticare come e quanto i vostri aguzzi artigli? Su! facciamone lo sperimento!

La Sfinge, con dolcezza. Puoi rimanere, se ti aggrada, ma non andrà molto che sarai tu stesso ansioso di ritrarti da noi. Tu stai a bell’agio nel tuo paese, ma a volere star qui, provi, s’io non erro, non poco fastidio.

Mefistofele. Osservata dall’alto, hai tal cera che fa inuzzolire: come poi miro al basso, la bestia mi desta orrore e spavento.