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parte seconda. 295

di Spirito, e voi poscia date loro un suono sensibile. Rivelaci ora chi sei, intanto che stiamo in attesa di meglio conoscerli.

Mefistofele. I nomi ond’altri giudicò di contraddistinguermi son molti e molti. Sarebbevi per avventura tra voi alcun Inglese? Costoro spendono per lo più assai tempo ne’ viaggi ad esplorare i campi di battaglia, le cascate, i muri cadenti, le pittoresche classiche antichità! E qui lo scopo sarebbe degno di loro; da poi che potrebbero non meno testificare d’avermi visto figurare laggiù ne gli spettacoli andati in disuso sotto il nome di Old Iniquity.1

La Sfinge. Come mai poteron essi giungere a tanto?

Mefistofele. Non valgo io stesso a indovinarlo.

La Sfinge. E mel credo! Hai tu forse conoscenza alcuna delle stelle? Che sapresti tu dirmi sull’istante che passa?

  1. Alludesi a certi Misteri che si rappresentavano nel tempo del carnovale in Inghilterra, al tempo della Riforma, de’ quali un personaggio ridicolo, un pagliaccio, o come a dire Arlecchino, si schermisce contro il diavolo che sotto l’appellativo di Old Iniquity pativa mali trattamenti e villanie d’ogni fatta, di che la gente faceva le più crasse risa del mondo. Mefistofele pare che tema qui un consimile trattamento. Del resto, questa scena è da capo a fondo improntata d’un’originalità tutta sua. Un vecchio diavolo ciarliero, che in tuono beffardo fassi a consultare gl’immobili rappresentanti della immobilità orientale, codesto Edipo dall’unghia fessa, che ti muove a riso, che favella di sciarude alle Sfingi; poscia, di tratto, nel forte della più affettata ironia, per un batter di vanni, per lo stormire delle foglie, va fuor di cervello, e tutto s’impaura — egli, fratello carnale della vipera — al sibilo del serpente di Lerna; scorgesi in tutto ciò un tal misto di naturale e d’immaginario, di dabbenaggine e di sublimità; un cosiffatto sentimento comico in mezzo all’epopea, di cui non troveresti alcuna traccia presso qualsivoglia scrittore.