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parte seconda. 281

non vo’ azzardare di tentarlo. Occupato da mesi e mesi nella grand’opera, passa la sua vita in silenzio e in un totale isolamento. Quest’uomo il più schifiltoso di quanti mai fossero gli scienziati, l’avreste in conto di un carbonaio; tutto pien di fuliggine dagli orecchi al naso, cogli occhi rossi come bragia pel continuo divampare del fornello, esaltato dalle sue scientifiche speculazioni, va continuo struggendosi, lo scricchiolare delle molle reputando qual musica grata e soave.

Mefistofele. Può egli mai ricusar di vedermi? Io son tale che valgo ad accelerare la buona riuscita della sua intrapresa.

(Famulus esce; Mefistofele va a sedere con sussiego.) Sono appena al mio posto, ed ecco, dietro a me, affrettarsi un ospite che non mi è punto sconosciuto; questa fiata poi, s’è fatto de’ più smaniosi fra gl’iniziali, e mi aspetto vederlo uscir fuori de’ gangheri.

Un BACCELLIERE entra a passi concitati dalla parte del corritoio.

Il portone e l’uscio spalancati. Ciò mi dà a sperare che l’uomo ancora vivente non voglia oramai più persistere nella mattìa di tenersi sepolto al pari di un morto nella polvere, a logorarsi, come ha fatto sinora, a muffare, anzi a venir meno nel maggior rigoglio della vita.

Codesti muri maestri, e codeste pareti, oggimai fuori di squadra, minacciano ruina, e un dì o l’altro, se non vi si abbada, vi rimarrem sotto sfracellati, Coraggioso io mi sono al pari di chicchessia,