Pagina:Fausto, tragedia di Volfango Goethe, Firenze, Le Monnier, 1857.djvu/288

280 fausto.

Wagner, il maggior sapiente ond’oggi vantisi il mondo? — quegli che tutto sostiene da solo, quegli che di giorno in giorno i tesori accresce della scienza? Tutti accorrono intorno a lui smagiosi di ascoltare le sue dottrine. Egli è il solo che faccia spicco dalla cattedra; che usi a talento delle chiavi di San Pietro, e vi disserri ad un tempo i due mondi, l’alto ed il basso. Tali e cosiffatti sono la sua gloria e lo splendore che l’accompagna per tutto, da vincere al paragone qual è più chiara ed insigne rinomanza; lo stesso Fausto n’è sopraffatto. — Egli solo, in breve, trionfa.

Famulus. Perdonate, onorevole signore, se ardisco contraddirvi: ma gli è tutt’altro che ciò; sappiate il primo vanto di lui essere la modestia. Egli non sa darsi pace della incredibile scomparsa del grand’uomo, ed ogni sua grande consolazione ed ogni salute nel ritorno di esso unicamente ha riposta. Codesta camera, tale oggidì quale per punto mostra vasi a’ tempi del dottor Fausto, e dove non pure un bruscolo venne toccato dall’ora del suo dipartire, è sempre in attesa dell’antico signore; e appena è ch’io rischi m’avventuri di mettervi piede. Quai venture fia mai che n’arrechi la costellazione di questo istante? — Le pareti paiono tremolanti, gli usci si smossero, i chiavacci andarono in pezzi: e, se ciò non era, come avreste voi medesimo potuto entrar qui?

Mefistofele. Ove diamine s’è dunque il tuo padron rintanato? Guidami a lui, o piuttosto fa di condurlo ov’io sono.

Famulus. Oh! questo poi no! La risoluzione di non varcare mai più codesta soglia è severa, così ch’io