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parte seconda. 277


ATTO SECONDO.




Una camera gotica a vòlta ed angusta, abitazione un tempo di Fausto. Ogni suppellettile vi è allogata com’era a quell’epoca.

Mefistofele che apparisce dietro una cortina. (Nell’atto ch’ei la solleva e si volge, vedesi Fausto steso sur un letto di antico lavoro.) Dormi ora, o miserabile! avvinto e stretto da’ lacci indissolubili dell’amore: chi fu da Elena ammaliato, non rifà senno sì tosto. (Sguardando intorno a sè.) Per quanto osservi attentamente da ogni parte, nulla venne qui disse stato nè guasto; le invetriate a colori sonosi, in vista, un pocolino appannate, numerosi più assai mostransi i ragnateli, l’inchiostro s’è ispessito, la carta ingiallita; se ciò ne togli, tutto è per appunto siccome allora. Evvi ancora la penna colla quale Fausto segnava il suo patto col diavolo, e, poffare! su in fondo al tuberello vedesi rappresa una gocciolina del sangue ch’io gli ebbi spicciato; arnese unico nel suo genere, cui con tutta l’anima vorrei cadesse in mano al più accreditato fra gli antiquari! La vecchia e logora pelliccia è appiccata tuttora al medesimo vecchio arpione: mi torna in mente al vederla la ridicola mia avventura di un tempo, e le belle teorie ch’io snocciolai a quel cotale scolaro1 che adesso fattosi uomo,

  1. Vedi Parte Prima.