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parte seconda. | 271 |
Prima Dama. Oh! lo splendido fiore di gioventù e di salute!
Seconda Dama. Non par egli una pèsca, spiccata pur ora, e piena di succo saporoso e squisito?
Terza Dama. Ve’ come i suoi labbruzzi dilicali e sottili vanno ripiegandosi in arco voluttuosamente!
Quarta Dama. Tu spasimi, n’è vero, di bere un tratto a codesta tazza!
Quinta Dama. Un amorino, il concedo! Rispetto poi alla eleganza, troveresti certo alcuna cosa a ridire.
Sesta Dama. A cagion d’esempio, un micolino più di flessibilità nelle membra, non gli starebbe male.
Un Cavaliere. Quanto a me, ho un bel fissarlo e squadrarlo, non trovo altro in lui, tranne il pastorello; e nulla, proprio nulla che abbia del principe, e de’ modi che usano nelle corti.
Un altro. Così mezzo ignudo, ti ha l’aria di un bel giovane, nè io vo’ negarlo; ma sarebbe egli tale ove ci comparisse vestito?
Una Dama. Ponsi egli a sedere con molle abbandono.
Un Cavaliere. Non provereste disagio a tenervi seduta sulle ginocchia di lui. La indovino io?
Un’altra Dama. Con qual garbo egli posa io sul capo il tornito suo braccio!
Un Ciamberlano. Il villano! Un tale atteggiamento è sconvenevole al tutto!
La Dama. Voi altri uomini, basta che apriate ognora la bocca per censurare.
Il Ciamberlano. Al cospetto dell’Imperatore starsene a quel modo! ohibò!