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parte seconda. 263

sciati addietro ciò che è, e lanciati nel vuoto spazio delle immagini: vanne a ricrearti nello spettacolo di quanto da gran tempo ha cessato di esistere. La ruota si volge ratto, quasi nube cacciata dal turbine. Scuoti per l’aria la tua chiave, e tienla il più che puoi discosta da te.

Fausto con vivo trasporto. A meraviglia! più la stringo, e più mi ringagliardisco, e il mio cuore alla grande opera s’incoraggia.

Mefistofele. Un treppiè ardente1 ti darà a conoscere che sei pur finalmente nell’abisso degli abissi pervenuto. Al chiarore di quello vedrai le Madri, quale seduta e quale in piedi e in movimento, secondo ch’elle si trovano. Tale è la forma, la trasformazione, l’eterno consorzio della eterna materia! Cinte all’intorno dalle immagini d’ogni creatura, non s’accorgeranno punto di te, essendochè non veggano elleno altra cosa tranne le idee. Coraggio allora! mentre fia grande il rischio: corri senza meno al treppiè, e toccalo colla chiave. (Fausto alza la chiave d’oro in atteggiamento franco e imponente.)

Mefistofele (osservandolo.) Bene sta. Il treppiedi s’appiglia a te, e prende a seguirti come fido satellite. Risali allora tranquillamente, chè il giubilo ti mette le ali, e innanzi ch’elle sian fatte accorte dell’avvenuto, eccoli di ritorno colla tua preda. Come poi esso treppiè sarà quivi deposto, imprendi ad evocare, dal seno delle tenebre, l’eroe e la eroina.

  1. Alludesi qui all’oracolo di Delfo, o fors’anco al numero tre, numero misterioso e sacro nell’antica teologia, e nell’alchimia del medio evo: sunt tres matrices, Mercurius, Sulphur, Sal. (Lex. Alchem.)