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fare le cifre imperiali? Un misfatto di tal natura andrà dunque impunito?

Il Tesoriere. Rammenta, o sire, che tu stesso segnavi il decreto, non più tardi della scorsa notte. Rappresentando tu la persona del gran dio Pane, ci recammo il cancelliere ed io a parlarti in questi termini: «Consacra il tripudio della presente festa, consacra la salvezza pubblica con alcun tratto di penna:» e tu scrivevi allora quanto or ora si è letto. Migliaia di artisti ebbero tantosto le memorande parole riprodotto a migliaia. E acciò potesse il beneficio riuscire incontanente profittevole a chicchessia, fa nostra cura di fare bollare all’istante biglietti da valere quali dieci, quali trenta, quali cinquanta, quali cento. Non puoi figurarti quanto pro ne risulti pel nostro popolo. Mira la tua città, in isfacelo pur dianzi, e presso a dare gli ultimi tratti, vedila risorta tutta quanta da morte a vila, ed ebbra e tripudiante da un capo all’altro! Avvegnachè il tuo nome sia da gran tempo cagione di felicità al mondo intero, non fu mai che venisse con amore sì intenso letto e considerato. Quind’innanzi inutile ci torna l’alfabeto, quelle poche lettere bastando a rendere ogni uomo beato.

L’Imperatore. Consentono dunque i miei sudditi che ciò abbia il valore dell’oro sonante? Mostransi dunque, l’armata e i cortigiani, soddisfatti che sieno con ciò pagati i loro stipendi? Per quanto sia grande in me lo stupore, debbo però lasciare che così proceda la cosa?

Il Maresciallo. Arrogi, che impossibile fora oggimai il rattenere la carta nella precipitosa sua circolazione,