Pagina:Fausto, tragedia di Volfango Goethe, Firenze, Le Monnier, 1857.djvu/259


parte seconda. 251

di me. Ogni debito è estinto, ogni polizza ė pagata: noi abbiamo sfamate le ingorde sanne degli usurai, ed eccomi por una volta affrancato da tutti que’ spasimi infernali. Giubilo pari a quello ch’io provo, pensomi trovarsi appena lassù nel cielo.

Il Gran Maestro delle Armi, correndo tutto affannato. Il soldo fu pagato per punto, l’intera armata è presta ingaggiarsi di bel nuovo, i lanzi son là disposti, e l’oste e le fanciulle son tutte allegre e festose.

L’Imperatore. Oh! come il cuore vi si dilata! come si spiana ogni ruga sulle vostre fronti! Or donde avviene l’andar vostro cotanto affrettato?

Il Tesoriere, che sopravviene. Chiedetene a chi operò tutto questo.

Fausto. Al cancelliere s’appartiene il dichiarare ogni cosa.

Il Cancelliere, traendosi a lento passo. Quale ventura per l’età mia avanzata! Io ne morrò ora pago e contento. Ascoltate dunque, e meco allentamente considerate la gran pagina del destino che ogni male in bene tramutava di tratto: (legge) «Sia ad ognuno manifesto che il biglietto presente vale mille corone. E a sicura malleveria vien dato un numero incalcolabile di tesori nel suolo dello impero sepolti. Son già date le necessarie disposizioni perchè una tanta ricchezza, resa omai più che certa, valga ad estinguere il montare di essi biglietti.»

L’Imperatore. Un tale alto mi fa sospettare di qualche enorme reato, di qualche trufferia madornale! Chi fu dunque il temerario che osava contraf-