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parte seconda. 245

inventar mille vie. Chi i tre comandamenti ha in dispregio, poco o nulla d’ogni altro si dà fastidio. Ma di questo non siamo da incolpar noi; quindi è che vi toccherà, come far sogliono i Gnomi, prendere ciò in santa pace.

I Giganti. Uomini selvaggi altri suole appellarne — quali ci siamo è troppo ben saputo su pe’ balzi dell’Harz. Nudi le membra, come al prisco tempo gagliardi, stampiamo le orme attruppati insieme, quai giganti di fatto. Un troncone d’abete nella destra mano, una larga e grossolana zona che ne cinge i lombi, un rozzo grembiule di rami e di fogliami, ci dà per buone guardie da infischiarne non ch’altro quelle del Papa.

UN CORO DI NINFE. Circondano esse il gran dio Pane.

Ei viene! Viene ei pure il sublime Pane che ci è simbolo dell’intero universo. O voi, che in leggiadria non avete chi vi pareggi, attorneatelo, intrecciando per lui le vostre festevoli carote; poi ch’egli, quanto grave, buono altrettanto, si piace dell’altrui giovialità. Sotto la volta azzurrina de’ cieli, gli è sempre mai in veglia; ei rivoletti lo beano col loro mormorìo, e la brezza lo culla in un placido riposo: come poi sul meriggio vien côlto da lieve sopore, cessano le fronde di tremolare da’ rami; l’odore balsamico delle rigogliose pianticelle empie l’aere tacente; la Ninfa rompe a mezzo i suoi trastulli, e là dov’ella giace s’addorme. Che se la potente sua voce d’improvviso risuona, a guisa di tuono che mugoli, o di mare che frema, niun sa più da qual parte si volga,