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in fatti che un Fauno sporga verso loro la zampa, qual è più avvenente non sa fare la schifiltosa.

Un Satiro. Il Satiro in coda a tutti salta e fa capriole. Al Satiro che ha il piè caprigno, asciutti e sottili gli stinchi, convengono membra scarne e nerbose. Sembiante a’ camosci, su pe’ gruppi scoscesi prende vaghezza di spignere il guardo a’ quattro venti, e rinfocolato dal libero aere, sogghigna al fanciullo, all’uomo, e alla femmina che laggiù, laggiù fra i densi vapori della valle si stimano bonariamente di gustare anch’essi la vita, intanto che a lui schietto e spensierato a lui solo s’appartiene colassù intero il mondo.

I Gnomi. Mirale inoltrarsi a saltèrelli il minuto gregge de’ Pigmei, cui non garba l’andare coppia per coppia. Da capo a’ piè coverti di muschio, con leggieri lanternini, vanno a dritta e a stanca dondolandosi, ciascuno secondo gli talenta, levando in torno un brulichio quasi di uno stormo di lucciole: e in cotal foggia continuo sguizzano per di qua per di là, a sghembo e a zigzag.

Di stretto parentado co’ pii tesori, accreditati per valenti flebotomi del granito, noi penetriamo nelle erte montagne, aprendone le capaci lor vene. Noi rimestiamo i metalli, e ne dà lena al travaglio lo spesso gridare: Fortuna aiutaci! fortuna aiutaci! e le son voci che ci partono proprio dal cuore, però che amici siam noi della gente dabbene. Ciò malgrado, noi pognamo l’oro alla luce del Sole, l’oro pe’ ghiotti ladroni, e pe’ lerci mezzani, e vegliamo solerti che mai ferro non manchi all’uomo borioso ed altero, che alle uccisioni e agli assassinii seppe