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parte seconda. 241

ratto come baleno, c’impossessiam del forziere, e via a gambe!

L’Araldo. Che è questo? insensate! Ma non sapete voi che gli è tutto quanto uno scherzo di mascherata, e non più? Per stasera hassi a finirla. Vi par egli ch’altri abbia così a prodigarvi oro e cose di valsente? Ma nel caso nostro di un pugno di brincoli non sapreste che farne. Forsennate! che una mera facezia scambiate colla pretta e reale verità, di che pro sarebbevi dunque codesta verità? — Voi vi gittate da disperati nell’errore più grossolano. — O Pluto carnovalesco, eroe da maschera, cacciami via di qua tutta questa brazzaglia.

Pluto. La tua verga varrammi a fare prodigi; dammela un tratto. — Io la intingo nella vivida fiamma. Ed ora, o mie belle maschere, all’erta! Che lampeggiamenti, che scoppiettii, che guizzi, che lingue di scintille infocate! È già la verga tutta incandescente; chi le vien troppo da vicino, resteranne scottato senza pietà. Or su, diasi principio alle mie giravolte.

Grida e scompiglio. Ohi! ohi! misericordia! la ė spacciata per noi. — Scappa! scappa! — Indietro, indietro, compare! — Ho la faccia tutta inondata di scintille! — Maledizione alla verga infiammata! — Non pur uno, per ciò ch’e’ pare, n’esce sano oggi! — Indietro! capaglia di maschere! Indietro! indietro! ciurma dissennata, indietro! — Avess’io ale, e volerei lungi di qua.

Pluto. Largo, e non poco, è già il cerchio, e nessuno, so conto, ha tocca una sola scottatura: la calca va cedendo, colta da spavento. Tuttavia, come