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appressa colla romba di un furioso uragano. Largo! largo! Io tremo come una foglia!

Un Fanciullo che guida il carro. Fermatevi, o miei corsieri! ripiegate le ali, obbedite all’usato freno, abbonitevi, secondando il cenno ch’io ve ne fo, presti a partire appena sarete a ciò sollecitati. Facciasi ora a questi luoghi onoranza! — Vedi come cresce all’intorno la pressa de’ curiosi meravigliati ed attoniti! come l’uno e l’altro preme e sospigne! Suvvia dunque, o Araldo! e innanzi che si ripigli la corsa, di’ qual nome abbiamo, e porgi al tuo modo contezza dell’esser nostro: perocchè noi siamo personaggi allegorici, nè tu dovresti a lanto essere meno abile a conoscerci.

L’Araldo. Come ti appelli, dir non saprei; mi sarà cosa più agevole descriverti.

Il Fanciullo. Ti prova dunque a farlo.

L’Araldo. Da prima, e’ convien confessarlo, giovine e leggiadro se’ tu, un garzoncello appena adulto, cui vorrebbono le femmine vedere a compiuta adolescenza venuto; tu m’hai l’aria di uno zerbino in erba, di un seduttore de’ buoni!

Il Fanciullo. Ma senza fallo! Prosegui ora, rivelane il brioso significato dell’enimma.

L’Araldo. Il lampo delle negre tue pupille, il bruno de’ tuoi capegli di sfavillante diadema ornati! e quel manto grazioso che giù li scende dagli omeri, e va sino a’ talloni, con quella trina in sull’orlo di porpora e di canutiglia! Ma sai tu che propriamente rassembri una fanciulla? E tuttavia ho per indubitato che varresti a farle impazzare quante ve n’ha; tu hai apparato alla loro scuola.