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parte seconda. 233

la soffitta. Entrambi poi anelano d’uscire all’aperto in cerca di compari: Dio mi guardi che mi venga talento di affratellarmi con essi!

Rumori. All’erta! laggiù ferve la danza. — Tutt’altro! io vorrei essere lungi di qua. — Non sentita come lo stringere d’un cappio? La è malía di codesta gente fantastica. — Mi va strisciando ne’ capegli — me lo trovai testè in fra’ piedi. — Nessun di noi n’ebbe offesa; — dal primo all’ultimo siam però tutti smarriti, e pieni di spavento — Ogni allegrezza è intorbidata. — Que’ sozzi animali hanno fatta piena la voglia loro.

L’Araldo. Da poi che nelle mascherate l’ufficio di araldo mi fu commesso, io veglio sollecito al limitare, onde qui, nella stanza de’ piaceri, alcun sinistro non vi tocchi; e in ciò non piego nè transigo, siatene sicuri. Pur pure ho temenza, non s’intromettano gli Spiriti dell’aria per le finestre: chè dagl’incantesimi, dagli stregonecci non varre’ io a preservarvi. Se il nano v’incoteva spavento, laggiù, mentr’io parlo, èvvi immensa calca che fa il diavolo a quattro. Sul nome e sul carattere di costoro, ben vorrei ragguagliarvi, come il mio uffizio dimanda; se non che, l’incomprensibile mal saprei definirvelo. Venite adunque tutti in mio aiuto. Scorgete voi un non so che scivolare a traverso della pressa? Osservate quel magnifico carro a quattro cavalli, che spicca fra gli accorrenti! Esso però non rompe la moltitudine accalcata, nè punto si mira affannarsi di genti: sprazzi di luce ne partono da lungi, e questi d’ogni colore; mille stelle sviate tremolano qua e colà; direbbesi che la fosse una lanterna magica. Ecco la si