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parte seconda. 231

Qua un amico mi si è fatto nimico oh! ben ravviso la maschera. — Quell’altro era sul punto di assassinarmi — scoperlo ora, si svia.

Valessi io a fuggire dal mondo! per rintanarmi, non cerco dove. — Se non che laggiù il nulla m’impaura — ed io stommi in bilico tra l’orrore e le tenebre.

La Speranza. Salvete, o voi, suore predilette! Fin da ieri e quest’oggi ancora andate cercando spasso, col dare il tempo alle mascherate: ma io so dirittamente, quanto a me, che al nuovo di volete rindossare i vostri panni. E se il chiarore delle faci non ci dà alcun particolare diletto, andremo a nostro beneplacito alla viva luce diurna, strette in drappelli, o da sole correndo in libertà su per le belle praterie, riposandoci o volteggiando a talento, e sciolte da ogni sollecitudine, non amareggiate da privazioni, aneleremo continuo alla meta desiderata. Ospiti ben accolte ove che sia, quivi entriamo a piè franco; per certo, che il sommo bene ha da essere in qualche parte del mondo.

La Prudenza. Io tengo allacciate, fuori della calca, le due maggiori nemiche dell’uomo, la Tema e la Speranza. Largo! largo! voi siete in sicurtà.

Il colosso animato, mel trascino — miratelo! — Sopraccarico di torri, muove egli a passo a passo, senza intoppo, traverso a’ viottoli scoscesi e dirupati.

Ma in alto, sul pinacolo, tiensi codesta divinità co’ vanni spiegati in atteggiamento di volare al conquisto delle quattro parti del mondo.

D’attorno a lei, gloria e splendore sfolgorano