Pagina:Fausto, tragedia di Volfango Goethe, Firenze, Le Monnier, 1857.djvu/237


parte seconda. 229

tamente si confessano veraci flagelli di città e di paesi.

Aletto. In fin poi che ci varrebbe? Voi ci darete rese il vostro favore, perocchè gentili siamo e giovanette, e sappiam farvi le più dolci moine. Se talun di voi abbia ove che sia una sua innamorata, noi gli solleticheremo gli orecchi a gran pezza.

Fino a tanto che siam ose dirgli spiattellatamente com’ella abbia fatto tale o tal altro segnale, e che ha corto senno, che è scrignuta o zoppa; e dov’ella fosse già sua fidanzata, noi gli persuaderemo ch’ella non vale uno straccio.

Nè ci manca via di tormentare la fidanzata altrettanto, susurrandole che il suo damo, pochi di prima, diceva male parole sul conto di lei, con altri: e dove accada ch’e’ si rappatumino, rimane pur sempre alcun che d’aspro fra loro.

Megera. Baie, pure baie le son codeste! Lasciate che stringasi il nodo, ed io so farne il mio pro; e vada com’ha da andare, posso in ogni incontro attossicare a mio grado co’ puntigli qual sia più intera felicità. L’uomo è vario, e varie non meno discorrono le ore.

Nessuno aggiunge un desiderio ch’e’ non ispasimi tosto follemente dietro un desiderio nuovo e più vivo, che lo invade all’apice della più grande beatitudine, e si fa abito in lui; tanto che il sole schisando, e’ vuol essere scaldato dal ghiaccio.

Ed io so con siffatta razza quai modi son da te bere, e traendo meco il fido Asmodeo il quale semini a tempo le amarezze ed i fastidi, vo così coppia a coppia struggendo l’umana specie.

Tisifone. Dov’altri adopera le malediche lingue,