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212 fausto.

Mefistofele. Io? per niun conto, in veggendo quanto e qual fasto circondi te e i tuoi! Come mai scemerebbe la fidanza, dove la Maestà assoluta impera, dove un potere sempre mai all’erta sperde il nemico, dove è presta in ogni tempo la buona volontà, sorretta da una forte intelligenza, e da una attività a tutte prove? Or chi potrebbe dunque convenire pel male, per le tenebre, dove di cosiffatti astri rifulgono?

Rumori. Ah furfantaccio! — Com’e’ sa ben fare il mestiere! — Egli s’apre la via colla menzogna. — Fin che la dura! — Io già indovino a che tende colui! — Che ne vuole scaturire da ciò? — Un progetto.

Mefistofele. Qual è mai uomo nel mondo che non provi di alcuna cosa difetto? Chi in un desiderio si affanna, e chi in un altro; costoro poi han fame di argento. Per verità, non se ne vede a fioccare sull’impalcato; ma la sapienza riesce a cavarnelo di là dov’è riposto. Nelle viscere de’ monti, sotto alle fondamenta degli edifizi, rinviensi l’oro greggio ed il monetato; e se mi domandaste chi fia da tanto di impossessarsene, vi risponderei: questo opra la forza della Natura e dello Spirito in un uomo di senno.

Il Cancelliere. Natura, Spirito! Propositi non son questi da tenersi parlando a cristiani: e gli atei vengono bruciati vivi per ciò appunto che nulla può tornare di maggior danno al mondo quanto cosiffatti discorsi. La Natura è peccato, lo Spirito è dimonio, ciascun de’ quali ci alimenta il Dubbio, essere informe ed ermafrodito nato da loro. Finiamola dunque una volta con codeste eresie! — Dagli antichi Stati del-